Chi sono

Mi diletto, tra le altre cose, di scrittura.
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domenica 21 dicembre 2014

Agli Angeli



Il Divino nel quotidiano sulla S-Bahn di Amburgo ho incontrato.
Non suona bene ma l’ho visto! O meglio, l’ho vista.
L’ho vista, Signori, l’ho vista: la Madonna dei naviganti del Nord.
Non ci crederete, già afferrate gli smartphone, vi affacciate alle finestre dei browser per verificate se tale esista davvero, cosa sia: quadro, leggenda, o Meme.
Scettici miei: potrei averle inventate tutte io le informazioni sulla suddetta Madonna che troverete online.

Tanto vale fidarvi, rilassatevi come se fossimo nel ventre d’una nave. I flutti vi cullano... 3,2,1, immergiamoci.

Era qui sul treno, vi dicevo. L’ho vista.
E mi ha anche urtato il ginocchio per scendere a Reeperbahn.
Anche un altro ragazzo la fissava, concupiscente. Un ragazzo- forse nordafricano, dalla barba folta e scura, magro. Teneva uno spesso Libro sotto il braccio e indossava una camicia bianca larga, troppo larga. Forse la camicia era una di quelle non slim, a marchio europeo, disegnate secondo l’assioma per cui un uomo alto un metro e ottanta debba esser altrettanto largo. E così la camicia bianca scendeva troppo abbondante e un po’ buffa a ‘sto ragazzo, in barba alla dieta continentale e ai carboidrati della birra. Oltre alla veste anche i suoi occhi erano bianchissimi e fissi, fissavano lei. La contemplavano.
Ma lei non faceva un cenno, indifferente e iconica.
Quattro occhi addosso e lei non se ne curava.

E’ così quando ci sei abituato, pensai.

E chissà cosa si celasse dietro quella seraficità. E che mi perdonino Muse, Santi, Poeti defunti, Avi, Posteri e voi lettori per quello che sto per fare. Per mia colpa, mia colpa, mia grandissima colpa, sto per macchiarmi della Hýbris più grande; lambirò le colonne d’Ercole della parola e cercherò di narrare del Divino.
“Madonna!” Direte voi. E se l’avete detto per davvero, mi compiaccio: di incarnazioni angeliche si narrava.

Capelli biondi, riflettendo il tiepido sole nord europeo, formavano una sorta di corona. Rincontrarsi all’altezza della nuca in un’unica, grande, treccia. Occhi dal taglio slanciato, il cui iride di ghiaccio avrebbe raffreddato il più latino dei pretendenti, rammentavano la natura angelica di quella carne. Naso piccolo e a punta, schiacciato all’altezza delle narici. Labbra dall’esiguo spessore e diafana carnagione arrossata sugli alti zigomi.Con le mani congiunte stringeva una coppa in cartone di caffè lungo. Sulla spalla destra un tatoo monocromo contrastava col pallore della pelle. Nulla di sacro raffigurato ma tra virgolette una citazione, memento sbiadito d’albe adolescenziali. Il filo nero delle cuffione verdi, lambendo la candida spalla, scendeva fino alle cosce, gelosamente custodite fin due dita sopra il ginocchio da un mini-gonna. E sulla nuda bianca pelle riposava un cellulare, dedicandole canzoni che lei sola udire poteva.
La riguardai nella sua composta postura. “Dev’essere così che pregano gli angeli ai giorni nostri”. Si estraniano ed eclissano nei propri pensieri. Mentre fan finta di nulla, meditano. Pregano. Sì, pregano anche per se stessi: anche loro chiedono grazia e perdono per aver dubitato.
Gli Angeli, come noi, si chiedono dove vanno.  
Gli Angeli si chiedono, “nell’ogni-giorno”, se ci credono ancora abbastanza nella loro missione. Se esistano ancora la Bellezza e il Divino.
Far capire il verbo agli uomini deve essere un grosso fardello.

Incontrando la Madonna dei Naviganti del Nord ho avuto una certezza, O signori: persino gli angeli vacillano. Finanche loro son imperfetti.

Si fermano due, tre… qualche minuto.

Pensano ai peccatori: a chi tortura l’amore con l’indifferenza; a chi si unge la bocca del placebo della calunnia per scacciar la bile della vergogna dovuta a un’ inferiorità auto-percepita. Gli angeli pensano ai bambini di un tempo, soffocati dalle ansie dell’animo adulto; ai castelli razionali e fragili, zavorra al decollo delle passioni carnali e artistiche.
Vedono le grida inaudibili dell’inferno dei viventi. Le toccano. Si scottano, vi si tagliano mentre cercano di ripulirle.
Poi fissano il vuoto. E riflettono. Mettono su la musica per sentirsi meno soli, sentono il brivido sulla pelle nel bus d’estate. Fissano fuori dal finestrino per non dare nell’occhio.

Ma la superiorità degli angeli sta nel fatto che loro ripartono, sempre e comunque. Più forti. Si fanno beffa e ridono delle proprie incertezze.
Sì: ridono quando si incontrano tra angeli, se le raccontano tutte le loro paure, è così che le superano.
E non si stancano mai. In saecula saeculorum.
E Pace portano ancora. E ancora.

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